La storia di Zaccarì è la dimostrazione che non bisogna mai arrendersi quando si crede fermamente nelle proprie idee.
Innanzitutto il nome: è il nomignolo dato a un lontano antenato che come marchio di fabbrica è stato tramandato di generazione in generazione. Nei centri rurali i soprannomi sono prassi diffusa, per cui prima di essere Vallorani siamo quelli di Zaccarì (gli eredi!). La Passerina è uno dei vini bianchi più diffusi e apprezzati in tutta la zona adriatica. Si tratta di un vino molto fresco, non molto strutturato, delicatamente profumato, note floreali e fruttate, ottenuto dall’omonimo vitigno autoctono nelle Marche e in Abruzzo. Ha sempre avuto una connotazione di vino da aperitivo e vista la gran quantità prodotta veniva anche soprannominato “pagadebiti” dagli stessi contadini.
Con mio fratello abbiamo sempre creduto che la Passerina potesse avere maggiore profondità e freschezza, che superasse il limite di “vino semplice”. Un lavoro di qualità però non può che partire da una vigna ben curata e con basse rese. Da qui l’idea di una vinificazione, macerazione, fermentazione e affinamento di diciotto mesi direttamente in tonneau. Chiaramente non poter vendere subito un vino cui abbiamo dedicato talvolta anche 24 mesi di affinamento ha avuto un forte impatto economico, e per noi ha rappresentato un limite perché la proponevamo ad un prezzo maggiore rispetto al mercato. Tra l’altro le uve provengono da vigneti di oltre 50 anni con basse rese traducibili in poco più di un migliaio di bottiglie prodotte. All’inizio, inutile negarlo, non girava e ci siamo trovati con la cantina piena. E così anche l’anno successivo. Mio fratello ha iniziato a dubitare del vino stesso arrivando a suggerire di smetterne la produzione. La delusione e lo scoramento mi accompagnavano. Non riuscivo a capire perché un vino che era in grado di esprimere maggiore profondità, freschezza e persistenza non venisse capito. Ma la dura legge del mercato è cosi. Eravamo arrivati al terzo anno di produzione con scarsi risultati. Forse era il caso di accettare l’evidenza.
La svolta. A Fornovo. Inizio novembre 2017. Al mercato dei vignaioli. Mi si presenta un signore, Xavier, abbigliamento eccentrico, parlando francese inizia ad assaggiare i nostri vini ed a farmi qualche domanda, e assaggiando Zaccarì ho intravisto un sorriso che non sapevo interpretare. Abituato come sempre a dover giustificare le scelte di vinificazione, stavo già sulla difensiva. Non conosceva affatto il vino e assaggiandolo, con mia grande sorpresa, ha manifestato subito un particolare interesse. Da lì la domanda che mi ha spiazzato: mi ha chiesto quante bottiglie avessi disponibili perché era intenzionato a comprarle tutte per distribuirle ai suoi clienti in Francia. Lì per lì pensavo fosse uno scherzo. Lui m’ha incalzato esprimendo tutto il suo entusiasmo su un vino che strizzava l’occhio alla Borgogna ma si affacciava sull’adriatico dimostrando così di conoscere bene il territorio italiano. Ero incredulo, un po’ confuso e felice: in breve di quella che avrebbe potuto essere l’ultima annata prodotta, la 2014, non mi è rimasto più nulla. Tornato a casa decidiamo con mio fratello di riprovarci e anziché conferire la massa nel blend abbiamo deciso di dare seguito alla nuova annata: dopotutto a noi piaceva molto così com’era e date le poche bottiglie male che andava avevamo deciso di farlo provare ad amici ristoratori ed enotecari o a clienti che venivano a trovarci in azienda particolarmente curiosi. A distanza di mesi succede un altro episodio che ancora una volta ci ha lasciato senza parole.Ci trovavamo al Vinitaly, in attesa di un distributore americano di San Francisco, Kayne dei Merchants of Thirst, mi dice che aveva assaggiato il Polisia a New York e vorrebbe assaggiare gli altri nostri vini. Procedo con la degustazione e mentre sostituisco le bottiglie vuote con quelle piene da sotto il banco, li per li decido di prendere anche Zaccarì, di cui mi ero portato poche bottiglie. Il distributore mi sorride, afferra la bottiglia in mano e mi racconta di quanto abbia apprezzato questo vino assaggiato in un ristorante di Parigi. Ho restituito il sorriso un po’ impacciato perché ero commosso, Los Angeles, New York Parigi e Colli del Tronto: vedere che gente dall’altra parte del mondo parlasse bene di un vino che in patria è poco o niente apprezzato, stentavo a crederci. Inutile dire che anche in questo caso buona parte di Zaccarì, insieme agli altri nostri vini son volati in California! Tornati a casa abbiamo deciso di far assaggiare Zaccarì durante le visite in cantina a chi potenzialmente conosceva già la nostra filosofia di produzione e volesse assaggiare qualcosa di diverso dal solito. Contemporaneamente abbiamo rifatto le etichette alle bottiglie: abbiamo voluto fortemente creare un collegamento con artisti locali, una sinergia di intenti, per evidenziare il carattere…
Per Zaccarì abbiamo scelto il Cacciatore di Cactus di Emiliano Patalocchi perché volevamo arrivasse il messaggio che solo chi osa intraprendere strade meno battute, uscire dalla comfort zone può ottenere risultati inaspettati. In qualsiasi ambito della vita, fidatevi! Abbiamo iniziato a proporlo sempre più convinti della straordinaria capacità di questo vitigno e senza nessun tipo di reclame mediatico o sui social. Gli apprezzamenti fanno sempre piacere ma più di tutto offrire un versione della Passerina che si scrolla di dosso l’etichetta di vino facile. Oggi il nostro Zaccarì è molto richiesto, e ha trovato spazio anche nelle carte dei vini di qualche ristorante stellato. Da parte nostra, per via di limitata quantità che produciamo solo in determinate annate, ci troviamo oggi a dover contingentare le vendite.
Diteci se non ha dell’incredibile.
E dire che stavamo per non produrlo più!